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Negli ultimi anni, specialmente sul web, si sente sempre più spesso parlare di concept kit. Quello dei concept amatoriali (detti anche kit concept o fantasy kit) è un movimento spontaneo relativamente giovane, nato nei primi anni 2010 in rete, riassumibile, in estrema sintesi, nell’attività di designer amatoriali che, attraverso l’utilizzo di mockup di modelli esistenti (o standard), si divertivano a teorizzare e realizzare disegni di maglie da calcio dei più diversi tipi.
Un “movimento” che – come vedremo – è nato in maniera del tutto autonoma rispetto al mondo dei brand, dei club e delle federazioni, pur affondando le sue radici ed essendo influenzato in maniera marcata dalla storia recente e contemporanea del design ufficiale dei kit calcistici. Oggi, quasi 10 anni più tardi, possiamo affermare senza essere smentiti che il rapporto si è invertito e il mondo dei concept è filtrato fino alla realtà, influenzando i brand stessi e portando all’ideazione, realizzazione e commercializzazione – negli ultimi 3-4 anni – di decine e decine di concept kit (si pensi solo all’incredibile serie Crafted from culture di Puma).
Nonostante la crescente importanza, quello che ancora manca – anche a livello globale – è un tentativo di tirare le fila del movimento, di realizzare uno spiegone, fissando qualche punto chiave, un po’ di storia e tentando una categorizzazione dei concept per come si sono sviluppati nel corso dell’ultimo decennio. Non si può non partire, naturalmente, dalla definizione.
Cosa è il concept kit?
Nell’uso comune, soprattutto nel mondo allargato di internet, fuori dalla community internazionale degli appassionati di maglie e da qualche tempo anche all’interno della stampa non di settore, per concept kit si intende genericamente una maglia di fantasia, disegnata da un creator non professionista.
La definizione è riduttiva, perché se è stato vero per lungo tempo che ogni concept kit era una maglia di fantasia, non tutte le divise nate dalla fantasia dei creator della community erano dei veri concept. Oltretutto, nel 2021, anche la prima correlazione sembra essere superata dalla realtà, che ha visto i brand avvicinarsi – a livello di ispirazione e di realizzazione – a quello che la community teorizzava e chiedeva da anni.
Ma andiamo con ordine e azzardiamo una definizione coerente: il concept kit è una realizzazione, spesso di fantasia, nella quale la maglia funge solo da contenitore, (anche al di là delle specificità di marca e modello), “ospitando” al suo interno i temi più svariati, che possono essere realizzati a loro volta in modo molto diverso, ora avvicinandosi, ora allontanandosi dal solco della tradizione calcistica, talvolta prendendo in prestito (e molte volte rielaborando) linguaggi di altri mondi, dalla moda all’architettura alla televisione, giusto per fare qualche esempio.
Sintetizzando e semplificando, potremmo dire che è concept un kit (di fantasia o reale) il cui design è legato a un tema specifico e al suo sviluppo concettuale e grafico all’interno della maglia stessa.
Un po’ di storia
Il “movimento concept kit” nasce sul web nei primi anni 2010, grazie alle iniziative sporadiche e non coordinate di alcuni pionieri del genere, che trovarono nella rete la piattaforma giusta per dare sfogo alla propria creatività e alla passione per il mondo del calcio, declinato in diversi modi. Dal tifo per un club alla fascinazione per lo stile di specifiche epoche calcistiche, fino all’intuizione del “brand mix”, che accosta il calcio ai grandi marchi del fashion o di altri settori (ad es. IKEA).
I nomi meritano di essere ricordati, anche se in una rapida carrellata. Innanzitutto Angelo Trofa, italiano e interista, ideatore e autore della seminale serie di pubblicazioni “Football Strip Concepts” a partire dal 2011, per molti il vero e proprio Padrino del concept kit. Accanto a lui l’italoargentino Emilio Sansolini, conosciutissimo soprattutto per i suoi concept in stile vintage, la spagnola Nerea Palacios (Iwanttoworkfornike dovrebbe dire qualcosa ai vecchi frequentatori abituali di Tumblr), Fokoahela (al secolo Jason Lee, a.k.a. Los Dejos) con la sua passione per l’Arsenal e per gli intrecci fra la cultura pop e l’estetica delle maglie anni ‘90 e un altro italiano con una spiccata tendenza per il brand mix, Federico Maccapani, più noto in rete come mbroidered.
Praticamente tutti questi padri fondatori avranno poi la possibilità di fare il grande salto e di lavorare per alcuni dei principali marchi di abbigliamento calcistico e sportivo (adidas, Nike, Under Armour) nel prosieguo della loro carriera o, comunque, di rendere reali e acquistabili le loro creazioni attraverso diversi progetti.
Ma non va dimenticato il contesto in cui si sviluppò tutto questo movimento, trainato dall’attività di community internazionali come La Casaca (appartenente alla rete Blogsportiva, assieme a TodoSobreCamisetas e Paladar Negro) e Design Football (dello stesso network di Footballshirtculture.com).
Chiaramente il mondo concept aveva anche solide radici nel mondo reale dei decenni precedenti. Fra le reference principali la sfrenata creatività di Umbro sulle maglie di mezzo mondo a partire dai primi anni ‘90, l’approccio dirompente di Nike Football (vedi sotto) su divise oggi iconiche come quelle di Borussia Dortmund, PSG, Arsenal, Nigeria, etc. e il processo creativo proprio di leghe “giovani” e un tempo periferiche sul planisfero del calcio come J.League e Major League Soccer.
Il concept kit in Italia
E l’Italia? Nonostante il passaporto tricolore di molti dei pionieri, da noi il movimento nasce con qualche anno di ritardo (2014-2015), sviluppandosi perlopiù attorno ai forum e alle community online di tifosi e utilizzando come spunto e tavolozza i colori di alcuni dei club più importanti della Serie A: Inter, Juventus, Lazio – solo per citarne alcune – fungono da ispirazione per le creazioni di Rupertgraphic, Ezeta Design, Carlo Libri, Matteo Caputo, Francesco Collu, i cui lavori iniziano a girare in rete, a creare interesse e a spingere all’emulazione decine di designer.
In breve tempo questo nucleo si apre ai contatti con la community internazionale , esplorando anche temi non strettamente calcistici (arte, serie tv e cultura pop, etc.). Poi, grazie anche all’inizio della collaborazione stabile tra footbAll Nerds e Rupertgraphic, nel 2016, inizia a organizzarsi in maniera più razionale, sfruttando prima gli spunti offerti dall’attualità (cambi di brand, sorteggi di coppa) e ben presto il meccanismo delle kit challenge per portare il mondo del concept più vicino al mainstream.
Alcuni esempi sono i concept predittivi Tottenham-Nike, Atletico Madrid 17/18, Chelsea-Nike o Inter Miami CF, che dalle pagine del blog e dai nostri canali social approdano prima al mondo dei tifosi stranieri e poi addirittura alla stampa e alla tv in Inghilterra e Spagna.
LEGGI ANCHE Tottenham passa a Nike, i concept kit di Rupertgraphic | Atletico Madrid 2017/18, i concept | Chelsea, i primi concept Nike by Rupertgraphic | SS Lazio 2017/18, i kit concept di EZeta
Insomma, a quel punto il dado è tratto, anche da noi. Nel giro di pochissimo tempo gli account di kit designer amatoriali si moltiplicano, le challenge aumentano di numero e crescono di livello, attirando l’attenzione della stampa tradizionale e portando diversi protagonisti dalla “teoria” alla pratica. Quello che si crea anche in Italia è – in ogni caso – una scena piuttosto vivace e recettiva, pronta a proiettarsi verso la prossima era del concept kit amatoriale.
Quali sono i tipi di concept kit?
A una decade abbondante dalla nascita del movimento, è ovvio anche tentare una classificazione coerente dei vari tipi di concept kit. Esempio naturalmente parziale e sempre soggetto ad aggiornamenti, come accade sempre quando si parla di qualcosa di “vivo” e in trasformazione continua.
Predittivo
È il tipo di concept più intuitivo da descrivere e da capire. Sulla base di un incrocio di dati di partenza (club/nazionale, accordo con brand, talvolta indiscrezioni sul contenuto delle divise stesse stile Footy Headlines, Ofoball o Esvaphane) i kit creators si divertono a cercare di prevedere quelle che saranno le maglie delle stagioni o annate successive, fortemente influenzati però dalle tendenze recenti dei marchi sportivi e dalle loro creazioni già in commercio.
Chiaramente all’interno di un concept predittivo, proprio come in un cocktail, i vari elementi si possono mixare in proporzioni diverse, dando esiti anche molto diversi fra loro a seconda dell’interpretazione dei vari designer.
Compensativo
Di base, potremmo quasi dire che è il concept kit stesso ad essere compensativo, perché nacque in un’epoca storica nella quale le maglie in commercio erano totalmente sbilanciate verso il lato performance/brand, con un risalto quasi eccessivo dato alle tecnologie tessili di ogni singolo marchio. Il contenuto passa in secondo piano, le maglie finiscono per assomigliarsi tutte (tipici esempi sono il template Nike Vapor Aeroswift del 2016, declinato in maniera identica su tutti i top club e le top nazionali di Nike, o le away bianche delle nazionali Puma) e per risultare talmente povere di contenuto da originare – per reazione – una grande ondata di creatività-concept a livello globale.
Fatta questa premessa, possiamo definire come concept kit compensativo quello che nasce, appunto, per bilanciare qualcosa che manca nella realtà. Sono compensativi i concept retrò “alla Sansolini” laddove i club e i brand dimenticano di onorare anniversari, ricorrenze e storie; ma allo stesso modo anche concept molto spinti e anticonvenzionali nascono in opposizione a maglie ufficiali troppo “piatte”, quando non addirittura da catalogo.
Propositivo
Più raro, ma di grande valore, è il concept propositivo. La sua caratteristica è quella di rielaborare concetti e segni grafici distaccandosi dall’attualità e dai suoi trend, andando anzi a proporre – appunto – nuove strade e nuovi linguaggi. È un tipo di concept forse più difficile da realizzare, perché richiede una grande conoscenza di base della materia, oltre alla capacità di distaccarsi da tendenze e stilemi del mondo reale.
Kit concept futuribili, di tendenza ed editoriali
Ci sono poi altri tipi di concept kit meno diffusi e con qualche punto di contatto con quelli appena descritti ma che, comunque, hanno caratteristiche ben precise. Ad esempio il concept kit futuribile, vicino come concetto al propositivo ma ancora più “estremo” nel proporre soluzioni e contenuti che – nel momento in cui si disegna – appaiono lontani dai linguaggi del mondo-maglie.
Possiamo definire, al contrario, di tendenza o trendy, il concept che volutamente cavalca le tendenze del momento e ipotizza maglie che hanno origine proprio da questo punto.
Musica, serie tv, cinema sono solo alcuni degli spunti che hanno ispirato la community negli ultimi anni. Un eccellente esempio calcistico è – invece – l’annuncio della partnership, oggi consolidata, tra il brand Jordan e il Paris Saint-Germain che, da subito, fece scatenare i designer amatoriali di mezzo mondo (vedi sopra👆).
Ultima tipologia da citare è quella del concept kit editoriale (o provocatorio). La sua “costruzione” avviene a tavolino per veicolare determinati messaggi o iniziative ed è forse in questa tipologia più che nelle altre che la maglia interpreta il ruolo di medium, di contenitore. Esemplare in tal senso la kit challenge a tema Nigeria lanciata dall’AS Roma nel 2018 (vedi thread👇 ) dopo il successo del kit della nazionale africana al mondiale di quell’anno.
Un raro esempio di challenge lanciata da un club a livello ufficiale a cui, non a caso, parteciparono alcuni dei nomi più importanti del panorama del concept all’epoca, da Angelo Trofa a Sansolini.
NERD CONCEPT CHALLENGE La concept kit challenge di solidarietà per Bergamo | Supermarket X Football, la concept challenge dei supermercati
Da questa categorizzazione nasce il quadrato delle concept category, realizzato da footbAll Nerds con Rupertgraphic come strumento di posizionamento dei vari kit concept, utile alla comprensione e a un’approfondimento che vada oltre i meri canoni estetici.
Quale futuro per il concept kit?
Per capire il presente e ipotizzare un futuro era necessario conoscere il passato. Ma a questo punto del nostro spiegone possiamo raccontare il presente del concept kit e – soprattutto – azzardare alcune previsioni su quello che sarà il suo futuro.
Pensando all’inizio di quella che potremmo definire Golden Age del concept kit (il biennio 2016-17), possiamo affermare che fu favorita in maniera decisiva dal fatto che la creatività legata alle maglie stesse toccando il suo punto forse più basso da metà anni Ottanta in poi. Trionfavano la tecnologia, i materiali, i brand in quanto tali. A dover essere riconoscibile non era tanto la maglia dell’Italia, del Milan, del Galatasaray, quanto la maglia Puma, adidas o Nike, con le sue innovazioni e un design immediatamente riconoscibile ad esso collegato.
Fu in quel momento – come abbiamo visto – che sul web i designer amatoriali iniziarono a dare sfogo alla loro creatività, sfruttando mockup gratuiti e passaparola digitale. Erano kit in controtendenza rispetto a quanto si vedeva sui campi e in tv, antitetici rispetto allo stile minimale e uniformato del periodo.
Concept soprattutto compensativi – dunque – ma anche propositivi (nuove ispirazioni da esplorare), imitativi e futuribili. Un grande calderone che portò nell’arena virtuale del web colori, pattern geometrici, architettura, simboli di ogni tipo, legami con altri mondi. Grazie ai social network, la famiglia del concept kit si consolidò a livello globale: una grande ondata di estro e fantasia che investì prima la creatività in senso stretto, estendendosi poi ad altri micro-settori come i dettagli della maglia (stemmi, scritte), la presentazione, etc., dando una scossa a un settore che aveva progressivamente rallentato fin quasi a fermarsi.
Il passaparola, le concept kit challenge, le provocazioni dei vari creator in maniera abbastanza rapida filtrarono verso il mondo mainstream. Stendendo un velo pietoso sulla fase in cui tv, siti e giornali scambiavano i concept per divise ufficiali o per “anticipazioni maglie”, in breve tempo il movimento arrivò al mondo che lo aveva originato: i brand (piccoli e grossi), le squadre, le agenzie creative.
È vero – e lo abbiamo scritto – che alcuni dei protagonisti di questa prima epoca pionieristica erano già riusciti a fare il salto e a lavorare direttamente nel settore, ma a disposizione di club e brand restava la parte più importante: la creatività, l’ispirazione, migliaia di idee in circolazione, alcune già ben realizzate, alcune solo abbozzate.
La maggior parte delle maglie di club e nazionali uscite dal 2018 a oggi risente in maniera massiccia di questa influenza. È così che abbiamo potuto vedere in gare ufficiali le maglie Rinascimento dell’Italia, la maglia home dell’Inter 2021/22 o la maglia-stemma del Barcellona, tanto per fare alcuni esempi facili. Erano tutti, o quasi, progetti che in qualche modo erano stati “anticipati” dalla community del kit concept.
Ma adesso, cosa succede? Gli aspetti da considerare per parlare di futuro sono diversi.
Innanzitutto occorre ricordare sempre che il mondo del concept kit amatoriale si muoverà sempre in direzione opposta alla realtà. Se la carenza di fantasia di 6 anni fa aveva generato creatività, provocazioni, contaminazioni, un panorama come quello di adesso spingerà i creator nella direzione opposta. I temi si fanno più classici e identitari, gli sviluppi rispettosi della tradizione. Chi, nelle segrete stanze dove si sviluppano i progetti dei brand, dalla Baviera all’Oregon, si dovesse aspettare una “seconda ondata” di spunti creativi dal mondo del concept kit per spingere sempre più sull’acceleratore, temiamo rimarrà (o forse è già rimasto) deluso.
2022: il kit concept sta morendo?
Per chiudere (momentaneamente) il discorso, sono utili due fatti di cronaca molto recenti, risalenti all’inizio del 2022. Attorno all’Epifania, il Borussia Dortmund ha ufficialmente lanciato un contest per disegnare con Puma la maglia home 2023/24. Il contest pubblico è qualcosa con cui le squadre flirtano da anni, ma senza mai avere il coraggio di mettere in mano l’intera progettazione di una prima maglia ai tifosi o comunque a designer esterni, anche non professionisti.
Persino il progetto adidas Creator Studio per le terze maglie dei suoi top club 2017/18 (fra l’altro con due italiani fra i vincitori, Nello Carotenuto e La Maglia Bianconera) era strettamente regolamentato e con diversi limiti. In un mondo come quello attuale, con le possibilità anche commerciali offerte dai fan token e il grande interesse anche per le versioni “virtuali” (leggi e-sport) delle squadre, questi limiti sembrano pronti ad essere abbattuti.
Va detto, per completezza, che una parte della community internazionale non sembra per nulla entusiasta di lavorare a una maglia come quella del BVB che potrebbe diventare reale, senza un’adeguata retribuzione. I tempi in cui la visibilità era tutto sembrano essere definitivamente alle spalle, anche se è facile prevedere che saranno migliaia e migliaia a tentare la sorte. Ne riparleremo, ma è chiaro che se la creatività finirà per essere incanalata in contest ufficiali, quella per così dire open source ne potrebbe risultare penalizzata.
Ma vicino alla sua conclusione (almeno per come lo conosciamo adesso) potrebbe essere addirittura l’intero mondo del concept kit amatoriale. Negli stessi giorni del lancio del contest Puma-Borussia Dortmund, lo spagnolo SOCCEPT, uno dei designer più attivi e apprezzati di questa New (o second) wave del concept. Jaime Cañas Muñoz ha rivelato di aver ricevuto una diffida da parte della FCF, la federazione colombiana, relativamente a uno dei suoi ultimi fantasy kit – prontamente rimosso – che aveva proprio la nazionale sudamericana come soggetto.
Per la FCF l’uso dei simboli e dei marchi federali è “indebito e non autorizzato” e SOCCEPT è considerato alla stregua di un brand terzo, che utilizza questi simboli per incentivare la vendita dei suoi disegni e servizi.
Siamo a un punto di svolta epocale. L’utilizzo dei marchi ufficiali (dei brand sportivi, ma anche di club e federazioni) è sempre stato illegittimo nel mondo del concept kit, fatta eccezione per le poche challenge ufficiali. Non autorizzato, ma tollerato (fatta eccezione per rarissimi casi) da tutti i soggetti in gioco, vuoi per una questione di visibilità, vuoi per quell’enorme contenitore di ispirazioni e creatività dal quale attingere.
Ma il 2022 non è il 2014. Anche creazioni totalmente di fantasia, collezioni virtuali hanno un loro valore, basti pensare all’impegno in prima linea dei brand nel mondo del gaming o alle enormi potenzialità in termini di guadagni offerte dal mondo degli NFT (qui un articolo interessante sulle vendite degli NFT ufficiali adidas). È chiaro come i brand, i club le federazioni nazionali, gli sponsor non possano permettersi il rischio che soggetti terzi monetizzino al posto loro creazioni recanti marchi, loghi e design di loro proprietà.
Se 6-7 anni fa il punto di attrito più evidente sembrava quello dei design svelati con troppo anticipo o la circolazione di concept kit e progetti più belli di quelli reali, ora il piano su cui si gioca è completamente cambiato. Gli interessi economici potrebbero davvero portare i soggetti interessati a tagliare la strada (per sempre?) a uno dei settori più creativi dell’ultimo decennio.
Il concept kit è morto? Viva il concept kit!
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