Spengono 50 candeline le iconiche sneakers Puma, entrate nella storia già nel lontano 1968.
di @dece30
Su George Best si è scritto tutto ed il contrario tutto. La letteratura riguardo al suo personaggio e alla sua icona è sterminata. Oltre alle immagini raffiguranti le sue prodezze calcistiche abbiamo canzoni, film, un’autobiografia, un aereoporto (quello di Belfast, sua città natale) e una lunga sequenza di interviste, serbatoio inesauribile di aforismi ed esempi di cosa abbia voluto dire essere George Best. Un corpus ricchissimo di materiale nel quale l’aspetto strettamente calcistico diventa uno dei tanti da tenere in considerazione. Non potrebbe essere altrimenti, perché George Best è stato sì un giocatore fantastico, il migliore al mondo, almeno per due anni, ma è stato ben più di questo. È diventato un’icona, probabilmente la prima nel mondo del football, un giocatore ma anche un fenomeno culturale nella Londra di fine anni ’60, quella dei Beatles tanto per intenderci. Di cui George sarà quinto membro honoris causa. Perché porta i capelli come loro, è bello come loro ed è rivoluzionario alla stessa maniera. Si tratta di un soprannome che lo accompagnerà sino alla fine, anche nella North American League Soccer e nelle serie inferiori inglesi, una volta che i lampi del talento e del suo genio verranno consumati dalla prevedibilità e scontatezza dei suoi vizi.
Merito di quella tecnica fuori dal normale, dei suoi guizzi, ma anche di quella bellezza fuori dal normale. Quella stessa bellezza che lo ha portato ad essere il primo giocatore a trascendere le imprese del campo diventando un modello, influenzando la moda. È lui che porta il calcio sulle prime pagine dei tabloid, fenomeno di costume in un’era nella quale i giocatori guadagnavano solo una minima parte di quanto percepiscono oggi. Bestie è stato effettivamente il Sessantotto della storia del calcio, tanto in senso letterale quanto metaforico. Come tutti i miti, la biografia di George Best nell’immaginario collettivo è fatta di fotogrammi, di attimi che si sono impressi nella cultura popolare come racconti irrelati. Piccole gemme che, messe assieme, riescono ad illuminare e portare alla luce l’uomo. Sono i momenti lirici della sua vita. Quelli che l’hanno trasformato dall’essere un semplice fenomeno del calcio britannico, al venire inserito nella classifica tra i 50 uomini più eleganti ed influenti degli ultimi 50 anni.
Uno di questi è la notte del 10 marzo 1966. Il Manchester United ha appena sconfitto il Benfica al Da Luz (qui il VIDEO). George ha vinto il confronto con un certo Eusebio realizzando una doppietta nella quale emerge tutto il suo potenziale. Un gol di testa, a discapito del suo metro e 72 di altezza, e un’altro dribblando tutti, anche il portiere. Velocità, tenacia, tecnica, fiuto del gol e colpo di testa: c’è tutto per essere il migliore di sempre. Ha solo 20 anni ed il mondo calcistico ai suoi piedi, anche il giornale portoghese A Bola si inchina di fronte a “El Beatle”. Il giorno successivo, preso dall’euforia per la vittoria, George decide di comprare un gigantesco sombrero all’aereoporto e l’’immagine fa il giro del mondo. Il “genio timido” che era tornato nella sua Belfast dopo un solo giorno di permanenza a Manchester è ormai lontano, Best è diventato un fenomeno di costume. Sulla scia di quella splendida partita, solo sei giorni dopo, inaugura la George Best Fashion Boutique in Bridge Street a Manchester. Quattrocento ragazze attendono fuori dal negozio un’ora prima dell’apertura; è un successo inaspettato, persino per lui. Best investe sulla sua immagine, sfrutta la popolarità calcistica per farsi pubblicità. Un concetto che oggi ci sembra scontato, ma che allora è a dir poco rivoluzionario.
Il suo anno migliore è (e non poteva essere altrimenti) il 1968: segna 32 gol, uno di questi, il più importante, nel primo supplementare della finale di Coppa Campioni ancora contro il Benfica, ancora contro Eusebio. A 22 anni ha tutto quello che può desiderare, diventa il giocatore più giovane ad aver mai vinto un Pallone d’oro (oggi è al quarto posto, dietro Ronaldo, Owen e Messi). Potrebbe segnare un’epoca, ma non lo fa. C’è un’altra fotografia, una leggenda che si tramanda e del quale non esiste alcun video, ma che accompagna il personaggio e che ne spiega tutto: pregi e difetti, limiti e potenzialità.
È il 22 gennaio del 1976, si gioca un’amichevole tra Olanda e Irlanda del Nord. Sono passati ormai otto anni dal suo ’68, George sta già girovagando tra gli Stati Uniti e le serie inferiori inglesi. Quella che si trova di fronte è l’Olanda del calcio totale. Al quinto minuto prende palla sulla trequarti ed invece di puntare la porta avversaria cerca Johan Cruijff, il migliore al mondo esattamente come lo era Eusebio poco meno di dieci anni prima. Lo punta e gli fa un tunnel, poi accompagna la palla in rimessa laterale perché in quel momento, il calcio in sé era l’utlimo dei suoi pensieri, il suo messaggio era un altro. Lo esprime tornando verso il tre volte Pallone d’oro e dicendogli qualcosa del genere: “Tu sei il più forte al mondo, ma solo perché io non ho tempo”. È un lampo ed appartiene già all’ultima fase di carriera quella in cui i suoi vizi lo hanno consumato. Confessò anche di aver provato a smettere: “Nel 1969 ho dato un taglio a donne e alcool. Sono stati i venti minuti peggiori della mia vita”. Forse poteva andare diversamente. Poteva essere il migliore di sempre, ma non sarebbe stato George Best.
La leggenda di un personaggio come il nordirlandese non poteva, a un certo punto, non incrociare la propria strada con quella di Copa Football. Il marchio olandese da anni è punto di riferimento mondiale del football lifestyle, grazie alla qualità dei materiali e alla originalità del proprio design. La collezione dedicata a George Best è l’unica ufficiale grazie alla licenza ufficiale. Una serie di t-shirt il cui design deriva da una serie di foto rare scovate negli archivi IMG, Mirrorpix, Press Action Images e dall’archivio privato dello stesso Belfast boy.
All’interno c’è tutto il Best che gli appassionati di calcio amano: dagli scatti sul campo con l’immancabile maglia rossa dello United, rigorosamente fuori dai pantaloncini, alle donne, alle macchine veloci: veri e propri pezzi da collezione ideali per i cassetti di un appassionato.