Brazuca, abbiamo provato il pallone dei mondiali

Brazuca, abbiamo provato il pallone dei mondiali

footbAll Nerds per GQ Italia

Da oltre due settimane lo vediamo rimbalzare sui campi di Brasile 2014: l’Adidas Brazuca è il protagonista del mondiale con più reti da due edizioni a questa parte: dopo i primi quattro ottavi di finale (fino a Grecia-Costa Rica) i gol erano già 145, esattamente quanti ne furono segnati in Sudafrica in tutto il mondiale 2010. Adidas lo ha creato appositamente per la coppa del mondo, “varandolo” alla fine del 2013 dopo oltre due anni di test in tutto il mondo, con il coinvolgimento di oltre 30 squadre e 600 calciatori. Sin dal calcio d’inizio di Brasile-Croazia, il 12 giugno scorso, non abbbiamo avuto che un pensiero fisso: mettere anche noi mani (e piedi) sul Brazuca per poterlo provare in campo e scoprirne i segreti.

Grazie alla collaborazione di Adidas Italia lo abbiamo testato, giocando anche alcune partite ufficiali. Quel che ci premeva era capire a che punto il costruttore tedesco fosse arrivato nella scala di evoluzione dei palloni professionali, che una ventina d’anni fa con il Questra (USA ‘94) intraprese la strada della ricerca delle prestazioni, offrendosi a volte a critiche anche molto feroci, in particolare dopo il mondiale asiatico del 2002 (Fevernova) e il successivo europeo (Roteiro). I termini più stretti di paragone per la nostra prova sono, comunque, gli ultimi due palloni mundial e cioè il +Teamgeist del 2006 e lo Jabulani del 2010. brazuca_quad Più stabilità e grip.
Rispetto ai predecessori quello che si è notato immediatamente è che Brazuca ha guadagnato enormemente in fatto di stabilità. Su lanci e cross, ad esempio, non si hanno variazioni particolari di traiettoria e questo aiuta sia in fase offensiva (la palla, a meno di errori, va a finire verso gli attaccanti o verso la porta avversaria come desiderato) sia in fase difensiva, nella lettura ad esempio di cross e lanci lunghi. Perfettamente sferico, grazie anche alla struttura a sei pannelli termosaldati, identici fra loro, il Brazuca si caratterizza per la superficie che – come già accaduto per il pallone del 2010 – anziché essere perfettamente liscia presenta dei microrilievi, pensati per migliorare grip ed aderenza in tutte le condizioni, pioggia compresa.

Leggero ma non troppo.
Una volta portato in campo il Brazuca conferma quelle che erano le attese. È compatto e non troppo leggero, mai esageratamente secco nemmeno quando è ben gonfio. Ma soprattutto non vola mai via, come si poteva temere. Dosando bene la forza, persino a livello amatoriale, non è facile farselo scappare e il gioco ne beneficia non poco. Inoltre i ‘minipallini’ che ne ricoprono la superficie rendono il controllo agevole anche in condizioni non ottimali, come ad esempio con campi sintetici bagnati. E questo rappresenta un vero valore aggiunto. Inoltre i rimbalzi sono regolari e il controllo di palla è alla portata di tutti, mentre coi palloni delle scorse edizioni era ‘caldamente consigliata’ una certa gentilezza di piede se non si voleva passare la partita a inseguire la palla. foto-prova-brazuca (1)

La prova del Pobo.
Un altro vantaggio è che, quando si sa calciare bene (e questo dipende dall’abilità del singolo, ovviamente) si riesce a far scendere il Brazuca all’improvviso durante la traiettoria, un po’ alla Pirlo per intenderci. Pobo è il nostro cecchino di fiducia (5 reti su punizione in campionato questa stagione) ed è rimasto soddisfatto anche degli effetti che è riuscito ad imprimere, sia durante i test che in partita. Più difficile, rispetto al passato, improvvisarsi tiratori dalla distanza, con ovvia soddisfazione dei numeri uno avversari. Piccolo aneddoto: durante l’ultima gara di campionato in cui è stato testato, il portiere avversario dopo un paio di punizioni insidiose dai 20/25 metri ha chiesto che il pallone venisse sostituito, palesemente messo in difficoltà da alcune traiettorie. È seguito un simpatico siparietto in cui gli si spiegava che si trattava di un pallone super-professionale, lo stesso che sarebbe stato usato nelle gare dei mondiali. Disarmante la risposta dell’inconsapevole tester: “Ma noi mica siamo di quel livello”. Risposta sbagliata, secondo noi. Perché, a prescindere dal caso di specie e senza essere estremisti, è molto più soddisfacente giocare con un pallone “vero”, appositamente progettato e testato, che con un prodotto da poche decine di euro. Che tra l’altro spesso, in campo, fa quello che vuole lui. foto-prova-brazuca (2)

La parola al portiere: Max.
Giudicare un pallone dal punto di vista del portiere risulta piuttosto difficile, perché inevitabilmente le esigenze degli estremi difensori sono non solo diverse, ma opposte rispetto a quelle degli altri 20 giocatori in campo. Visto dai pali, il Brazuca non è sicuramente il pallone peggiore con il quale si possa avere a che fare. Tanto per essere chiari, non siamo di fronte ad un Tango o all’Azteca del 1986. Le traiettorie leggibili e regolari di quei palloni rimangono un bel ricordo. Del resto sarebbe anche stupido chiederlo: lo sviluppo dei palloni professionali ha ormai preso una chiara piega alla quale bisogna giocoforza abituarsi: più passa il tempo e più i numeri uno verranno bistrattati e messi alla prova. È proprio partendo da questa considerazione che il Brazuca ci sorprende in positivo. Perché se è vero che siamo lontani dalla regolarità dei grandi palloni del passato, altrettanto vero è che non ci si trova di fronte (come invece accaduto con qualche predecessore) ad una scheggia impazzita. Quando abbiamo a che fare con un ottimo calciatore dalla distanza potranno sempre presentarsi traiettorie illeggibili e ai limiti della fisica, ma la frequenza è sicuramente inferiore ed è inoltre fortemente influenzata dall’abilità del tiratore avversario. La sensazione generale è quella di essere – questa volta – più padroni del proprio destino, per quanto ci sia permesso di questi tempi.

Tester: Fab, Marco, CP8, LT, Pobo, Sex, MdC



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