Jorge Valdivia, il Mago di tutti

Jorge Valdivia, il Mago di tutti

Di @palmi14

“Per un cileno niente è impossibile”, come dare torto a Mario Sepúlveda, uno dei Los 33 rimasti intrappolati per settanta giorni nella miniera sotterranea di San José nel 2010. Trentatré leggende diventate successivamente protagoniste di uno spot cult. Un solo obiettivo: caricare la Roja prima dell’ultimo Mondiale brasiliano. “Spagna e Olanda troppo difficili da affrontare? Noi non abbiamo paura del gruppo della morte. Noi non temiamo la morte, perché l’abbiamo già sconfitta”, un grido di battaglia tornato dannatamente d’attualità con il primo commovente trionfo del Cile nella sua storia. Per inghiottire l’Argentina, c’è voluta la forza di quei minatori, presenti al gran completo, il 4 luglio 2015, all’Estadio Nacional Julio Martínez Prádanos di Santiago per l’ultimo atto della Copa América.

Uomini del popolo, proprio come Gary Medel. La sua ricetta per il successo è molto semplice: “Corazón y huevos”, niente di più. Uno slogan che ha ispirato la nazionale cilena per tutta la competizione. Il Cile che abbiamo ammirato, però, non è solo cuore e palle, ma piuttosto una macchina diabolica costruita pezzo dopo pezzo da Jorge Sampaoli e resa perfetta dalle caratteristiche complementari degli interpreti. Ci sono la leadership di Bravo, l’imprevedibilità di Sánchez, la freddezza di Vargas, il dinamismo di Vidal, le geometrie di Díaz, la lucidità di Aránguiz e, naturalmente, la garra di Medel. Una generazione di grandi giocatori resa ancora più unica dalla presenza di Jorge Valdivia. Senza di lui, la Roja sarebbe, comunque, rimasta una signora squadra, ma avrebbe perso la sua accezione più romantica. Come dimostra l’eco mediatica che ha coinvolto il suo nome durante e dopo la Copa, la gente ha un disperato inconscio bisogno di giocatori come Valdivia. Il mondo social lo ha accompagnato in ogni singolo match del torneo immortalando le sue giocate più esaltanti con foto, video e quant’altro. Elegante, squisitamente tecnico, troppo bello da vedere, ma, allo stesso tempo, indolente e completamente fuori di testa.

Tutta l’essenza del fútbol sudamericano è compressa nell’anima di questo splendido numero dieci, nato a Maracaibo il 19 ottobre 1983. Papà Luis, cileno come mamma Elizabeth, accetta la proposta della LAN Chile, compagnia aerea per cui lavora, e la famiglia si trasferisce in Venezuela. Lì il piccolo Valdivia inizia a muovere i prima passi da jugadorazo. Gli piace il baseball, impazzisce per il calcio. “Quando aveva due anni, andava in giro nudo giocando con un pallina di spugna”, ricorda suo fratello maggiore Luis. Una fotografia che dice molto del futuro del Coke, suo primo soprannome. Dopo essere ritornato a casa, il padre lo plagia definitivamente. “Il Colo-Colo è la squadra più grande del mondo”, un vero e proprio comandamento sulla falsa riga di “Non avrai altro dio al di fuori di me”. E così è stato per Jorge. Prima di esordire nel Colo, però, diventa grande con la decisamente meno quotata Universidad de Concepción. A soli 20 anni, si conquista l’appellativo di Mago e nessuno glielo strappa più di dosso. L’ Europa lo chiama, forse è troppo presto, forse non fa per lui. Fallisce, prima, in Spagna con il Rayo Vallecano, poi, in Svizzera con il Servette. Non gli resta che tornare in Cile, dove lo aspetta il suo Colo-Colo. Con Claudio Borghi in panchina, diventa il centro della squadra e la trascina al trionfo nel Torneo Apertura del 2006. Passa al Palmeiras per 3 milioni di euro e diventa il calciatore straniero più pagato della storia del club brasiliano. Un altro titolo – il Campeonato Paulista del 2008 – tanti premi individuali, la benedizione di Pelé: “E’ il miglior calciatore che gioca in Brasile” e un nuovo trasferimento. Lo vogliono Werder Brema, Hertha Berlino ed Espanyol e lui naturalmente va all’Al-Ain. Otto milioni al Verdão, quadriennale da 10 milioni di euro a stagione e tutti felici. Negli Emirati Arabi Uniti fa la bella vita e quando è il momento di scendere in campo insegna calcio. Si fanno avanti Lille e Manchester City, ma alla fine la spunta ancora una volta il Palmeiras. I tifosi paulisti chiamano a gran voce il suo ritorno e il presidente Luiz Gonzaga Belluzzo li accontenta chiudendo l’acquisto del cileno per un affare complessivo da 16 milioni: “Tutti mi chiedevano di lui, spero che ora possano essere soddisfatti”. La torcida Mancha Verde lo accoglie come una leggenda. Il Mago non vale meno di Zinho, Edmundo o Scolari. Altri due anni a San Paolo, tra gol, assist e qualche imprevisto come il rapimento, con tanto di rapina, che lo vede vittima. Tranquilli, ha superato anche questa e da oggi è ufficialmente un nuovo giocatore dell’Al-Wahda.

after 14 hours , Abu Dhabi AL WAHDA my new club new home ..!! 👍🏻👍🏻👍🏻👍🏻👍🏻😀😀

Una foto pubblicata da Jorge Valdivia (@jorgitovaldivia) in data:

Ancora gli Emirati, che ci volete fare, Jorge è fatto così. Prima di lasciare, ha voluto salutare così i tifosi brasiliani: “Dopo sette anni, oggi è il mio ultimo giorno da calciatore del Palmeiras. Ringrazio tutti coloro che, in qualche modo, hanno fatto parte di questa storia”. Negli ultimi giorni si è parlato anche di un possibile trasferimento al San Paolo, ma forse sarebbe stato veramente troppo anche per lui. La timeline della sua carriera nei club non è, però, sufficiente per comprendere appieno chi ci troviamo di fronte.

Il vero universo a cui appartiene l’anima di Valdivia è quello della Roja. Una vera storia d’amore, un tira e molla tenuto in vita a un centimetro dal burrone. L’inizio non promette troppo bene. Copa América 2007, la prima da numero dieci. Nella seconda partita del torneo appoggia il pallone sulla bocca di Robinho per zittirlo. Sino a qui tutto ok, ma dopo lo scandalo di Puerto Ordaz non si può dire lo stesso. Valdivia e i compagni Reinaldo Navia, Álvaro Ormeño, Jorge Vargas, Rodrigo Tello e Pablo Contreras fanno le ore piccole nel ristorante dell’albergo dove alloggiano spaccando oggetti a coltellate. Il Mago viene sorpreso dallo staff di Nelson Acosta con della marmellata spalmata sul volto e un prosciutto in testa. La reazione della Federazione cilena è durissima: venti turni di stop – poi ridotti a dieci – per i colpevoli. Jorge non veste la maglia della sua nazionale per più di un anno. Per una testa calda come lui ci vuole un altro matto. Un Loco come Marcelo Bielsa. L’argentino diventa commissario tecnico del Cile e lo convoca per il Mondiale del 2010, il primo della carriera del Mago. Dopo il Sudafrica, nonostante gli ottimi risultati alla guida del Cile, Bielsa lascia panchina al Bichi Borghi. “From Colo-Colo with Love”, per intenderci. Il gioco d’attacco del Loco lo ha esaltato, quello di Borghi lo ubriaca di idee. Per l’ex Milan e Como, Valdivia si avvicina al dio del calcio: “E’ una meraviglia per gli occhi, dopo Maradona è il più forte che abbia mai visto”. Nel 2011 Jorge gioca una grande Copa América e viene inserito nell’undici ideale del torneo. E proprio quando ci si aspetta un altro scatto, arriva un brusco scivolone ai nastri di partenza. Dopo il Puertordazo, è il turno del Bautitazo. Cambiano gli interpreti – Arturo Vidal, Jean Beausejour, Gonzalo Jara e Carlos Carmona – ma la sostanza rimane la stessa: c’è sempre in mezzo Jorge. Bisogna festeggiare il battesimo di sua figlia, non ci si può tirare indietro. La compagnia beve qualche bicchiere di troppo e torna nel ritiro della nazionale con quarantacinque minuti di ritardo. Borghi non lo perdona, Valdivia lo ha tradito. Ci vogliono sedici mesi per rivedere il suo nome sulla lista dei convocati della Roja. Il nuovo allenatore, Jorge Sampaoli, gli dà un’altra chance. Bielsista convinto e vincente come Borghi, Don Sampa è il connubio perfetto tra i due precedenti tecnici del Cile. Per giocare un calcio offensivo e imprevedibile, ci vuole un visionario in campo. Un prestigiatore capace di svegliare il pubblico nel momento più morto dello show. Il suo uomo è Valdivia, uno stregone del fútbol con il numero dieci stampato sulla pelle. “Jorge è un talento insostituibile per noi – confessa il ct argentino prima di Brasile 2014 – è la chiave del nostro calcio proprio come lo è Messi per l’Argentina, Cristiano Ronaldo per il Portogallo e Ribery per la Francia. Abbiamo bisogno di lui”. Il Mago trova il suo primo gol in un Mondiale contro l’Australia, il Cile passa il proprio girone, battendo ed eliminando la Spagna e agli ottavi viene eliminato ai rigori dalla Seleçao brasiliana.

“A un centimetro dalla gloria” – citando Mauricio Pinilla – sembra concludersi anche la storia di Valdivia con la Roja. Il fantasista dice basta e saluta tifosi e compagni con una lettera di scuse per tutti gli errori commessi fuori dal rettangolo di gioco. Un addio poco credibile, ritrattato solo pochi mesi dopo. Il diez torna in nazionale per prepararsi al meglio per la Copa América. Si gioca a casa sua, Jorge non può mancare.

Chiude il torneo da miglior assistman – 3 in totale, alla pari con Messi – e soprattutto con la coppa. Ha giocato alla grande, nonostante la stampa locale abbia provato a screditarlo in ogni modo. “Mi avete accusato di aver passato la serata con Vidal la notte del suo incidente in macchina, poi di aver avuto problemi con Sampaoli. Ho già pagato per i miei peccati, ora lasciatemi in pace”. Valdivia fa muro contro i giornalisti, appoggiato da Daniela Aránguiz, sua sposa dal 2004. I tradimenti del Mago non l’hanno allontanata, la bionda showgirl è sempre rimasta dalla parte del suo Jorge.
Diciamoci la verità, Valdivia piace anche per questo. Senza il calcio alla bottiglietta dopo la sostituzione in finale, il dito medio durante i festeggiamenti e il linguaggio “colorito” usato in zona mista e su Twitter, non sarebbe lo stesso. Questa sua continua e compulsiva ricerca degli eccessi non fa altro che renderlo, ancora di più, un personaggio di culto. Il Mago, però, non è soltanto un ragazzaccio con qualche numero. Jorge Valdivia è un fuoriclasse vero che ti fa innamorare. Ha il potere di diventare il numero dieci dei tuoi sogni con un solo stop, dribbling o passaggio. Il tunnel a Fucile nei quarti di finale della Copa racconta tutto.

E’ geniale e irriverente allo stesso tempo. Un dipinto di tecnica purissima lasciato in eredità agli apprendisti maghetti come Wanderson Ferreira de Oliveira, talento brasiliano dell’Internacional di Porto Alegre e primo fan del cileno, tanto da portare il suo nome sulla maglietta e da esultare strofinandosi gli occhi dopo ogni gol proprio come lui. La tela più bella della sua carriera, però, resta l’Espanta Chunchos – vedere per credere – una giocata che ha, di certo, ispirato le parole di “Magia y Locura”, canzone dell’antofagastino David Osorio dedicata proprio a Valdivia. L’ex difensore della Roja e oggi commentatore di Fox Sports, Rodrigo Goldberg, lo ha definito un “demonio creativo” in un editoriale per La Tercera. “Valdivia ti permette di risparmiare tempo, spazio ed energia. Nella sua testa c’è una mappa mentale con le posizioni di compagni e avversari. Con lui in campo – prosegue El Polaco – gli attaccanti sanno come e quando attaccare la profondità con la consapevolezza di doversi aspettare l’inaspettato”.

Qualità indiscutibili, nascoste troppo spesso, da pause irritanti. Pause come quella che lo terrà lontano dai riflettori per tutta la prossima stagione. Vederlo all’opera nella UAE Arabian Gulf League non sarà facile, ma fortunatamente nel 2016 la Copa América torna con una edizione speciale per il centenario della CONMEBOL. Sbilanciarsi con Valdivia non è mai scelta saggia, la sensazione, però, è che ci sarà anche lui. La Roja non è pronta a separarsi da Jorge, nessuno lo è veramente. Nel cuore degli hinchas chilenos ci sarà sempre spazio per il Mago. Chiedetelo ad Alfonso Prieto. Dopo l’addio alla nazionale al termine del mondiale brasiliano, il giovane tifoso ha assicurato che si sarebbe fatto un tatuaggio in suo onore qualora fosse tornato a giocare per il Cile. Il fantasista, come da routine, si è ripreso il suo dieci e Alfonso è stato ben felice di mantenere la sua promessa scrivendosi sul braccio: «Se giocassi in cielo, morirei per vederti all’opera». Un omaggio sentito che rende ancora più romantica la storia del Mago Valdivia.

[Nota da Nerds: il Mago nell’ultima Copa America ha indossato le rivoluzionarie Adidas ACE15, di cui presto pubblicheremo il test, mentre ai mondiali l’abbiamo visto con le Adidas 11pro del battlepack di cui trovate il test qui].



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