I Belong to Jesus, l’età d’oro delle sottomaglie

I Belong to Jesus, l’età d’oro delle sottomaglie

di @AntoCapellupo

In un tempo non troppo remoto, ma che per l’egemonia di tweet e post sembra un’epoca lontana, quando un calciatore sentiva l’esigenza di condividere con il mondo intero un pensiero, doveva necessariamente attendere il match e sperare di far goal. Solo in quel momento infatti si compiva il rito, casacca sollevata a favore di telecamera e rivelazione del messaggio, rigorosamente segnato sulla maglietta della salute.

Dal Vi ho purgato ancora” di Totti in un Roma-Lazio 3-1 dell’aprile ’99 al “Why always me?” di un controverso Mario Balotelli nel derby di Manchester del 2011, scritti a mano o stampati, quei testi raccontavano di emozioni differenti, ma anche di ideali politici o un profondo credo religioso. Poi, nel 2014 la FIFA decide che questa pratica “non s’ha da fare”, che è ora di dire basta a questa inutile tendenza, e che chiunque si fosse permesso di mostrare un testo illecito sarebbe stato penalizzato con l’ammonizione.

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E così, per salvaguardare la memoria di uno dei gesti più romantici della storia del calcio, rimasto ormai una freccia nell’arco di pochi anarchici ribelli, gli inglesi Craig Oldham e Rick Banks hanno raccolto nel volume “I Belong to Jesus”, acquistabile per 25 £ attraverso il sito ibelongtojesus.co.uk, trent’anni di esultanze su maglietta di professionisti e non. Citando nel titolo la nota celebrazione di Kakà, “I Belong to Jesus” si divide in quattro sezioni, folklore, religione, politica e vita privata, mostrando splendide foto e progetti di grafica, ognuno accompagnato dal racconto di un momento calcistico. Oltretutto, i due hanno creato parallelamente al progetto un font (iconicamente chiamato Kakà) e nella confezione di vendita, al libro aggiungono una replica della famosa t-shirt del brasiliano e una fascia da capitano con stampato l’acronimo del progetto: IBTJ.

I BELONG TO JESUS: IL FONT


Sfogliando “I Belong to Jesus” capita di riscoprire messaggi nati come un atto d’amore per la squadra del cuore, ma divenuti dei veri e propri boomerang, come il “Once a Blue, Always a Blue” di Wayne Rooney, che puntualmente i tifosi dell’Everton rinfacciano al numero dieci del Man Utd, o altri non proprio riuscitissimi per scarsa capacità dell’autore, come il tenero camerunense Paul Bebey Kingué, che mostrò un “Jesus is the Best Way” scritto con caratteri sbagliati e quasi illeggibili.

i belong to jesus book
Ma soprattutto storie di uomini veri e profonda umanità, come Billy Sharp che in un Doncaster United-Middlesbrough segna, mostra un “That’s for you son” dedicato al figlio di due giorni appena deceduto, si prende gli abbracci dei compagni, una standing ovation da parte di entrambe le tifoserie e perfino i complimenti dell’arbitro Darren Deadman. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come cartellini gialli nella pioggia.