Il calcio e la geometria. Questa volta però, i lanci ...
Nel giro di poche settimane, le voci attorno a un nuovo logo dell’Inter e a un complessivo rebranding dei nerazzurri si sono via via ingigantite, fino a trovare conferme sempre ufficiose e mai ufficiali, però estremamente affidabili. Poco dopo l’inizio del 2021, in rete sono filtrate le immagini del nuovo stemma dell’Inter, proveniente dal “solito” account asiatico, vicino dunque alle realtà produttive di Nike.
Uno stemma ispirato sì all’originale del 1908 ma semplificato, con solo la I e la M (Inter Milano) al centro di tutto, a rendere nelle intenzioni più immediata e semplice l’identificazione.
Naturalmente, mentre l’indiscrezione era corretta le analisi sulla nostra stampa hanno lasciato a desiderare, trasformandosi ben presto in speculazioni e pettegolezzi. Ottimi per il click baiting (“L’Inter cambia nome”, “Vuoi scoprire cosa succede di terribile all’Inter? Clicca qui!1!”) ma poco inutili a capire cosa sta accadendo.
Nuovo logo Inter: l’analisi
Abbiamo provato a basarci su quello che sappiamo e a riflettere su 5 punti fondamentali assieme a BOB Liuzzo, brand e graphic designer, coordinatore didattico del corso triennale di Graphic Design allo IED di Milano.
Cosa è successo (o sta per succedere) allo stemma dell’Inter?
BOB Liuzzo: Qui lascio la parola a voi, ma voglio solo dire che non sta succedendo nulla di strano, sta solo crescendo. I brand sono sistemi vivi, viventi e vissuti e come ogni sistema vivo si evolvono, crescono e, un giorno, moriranno. Come qualcuno dice, i brand devono lavorare ogni giorno per ritardare questa “morte” di altre 24 ore.
footbAll Nerds: Oggi fra l’altro ne sappiamo qualcosa di più, perché sono filtrate sia la versione depositata del nuovo logo (che conferma quello visto nei leak) che il nuovo font istituzionale. È semplicemente un processo, come dicevi tu, l’Inter si evolve per crescere, anche se – ovviamente – questa non è una garanzia di riuscita di per sé…
Cosa intendiamo esattamente per rebranding?
BOB Liuzzo: Ci sono mille e nessuna risposta. Un rebranding può essere una riattualizzazione per allinearsi con il contemporaneo. Sbarazzarsi di ciò che pesa per permettere ai linguaggi di crescere ed inserirsi in realtà che prima non esistevano o non erano sviluppate. Come le odiate abbreviazioni della lingua italiana come: “Xkè” care all’epoca degli sms dove ogni lettera aveva un costo.
Sicuramente la parola “Perché” è meglio, ma se si ha un mezzo dove i limiti sono palesi bisogna riuscire ad adattare il nostro linguaggio senza però necessariamente variarne il significato. Un rebranding è solo sopravvivere al tempo che passa e fare in modo che il tono di voce di un’azienda non diventi pura memoria commerciale di un tempo passato ma possa continuare a competere nel presente. Viviamo in un epoca di massimalismo visivo d’informazione che “sporca” tutto e quindi alcuni “vezzi” stilistici vanno eliminati per poter essere ancora riconosciuti. Come dice Maeda nel suo “Le leggi della semplicità” Si elimina ciò che ovvio e si mantiene solo ciò che è significativo. Ovviamente in base al contesto e al tempo in cui si opera.
footbAll Nerds: Hai già detto tutto, in pratica. L’Inter ha l’intenzione di adeguare la sua identità (e i suoi simboli in primis) a questa epoca e, ancora di più, alla prossima. Non è insomma un lavoro che si mette in piedi per l’oggi, semmai per il domani e il dopodomani.
Perché per una squadra di calcio è interessante affrontare un processo di rebranding?
BOB Liuzzo: Perché i tempi cambiano. Non solo nel calcio. Capitan America piaceva a noi ma alle nuove generazioni non lo si può fare di carta, lo accettano solo di pellicola e se inserito in un contesto seriale.
Le squadre di calcio sono aziende e il pubblico cambia. La storia della fede dei tifosi, della passione che si tramanda di padre in figlio dura finché non finisce la storiella. Parliamo di società che non possono sperare che il loro business sia contenuto solo nel campo da gioco, confini troppo stretti per contenere il legame tra tifoserie e società sportive. Sarebbe come costringerti ad usare l’iPhone solo dentro l’Apple store e non in libertà facendo ciò che vuoi.
Il rebranding è ciò che porta il calcio ad esplorare altri linguaggi ed entrare nel quotidiano non solo con i risultati ma con il legame di visione. Indossare una maglia da calcio non rende eleganti ma una spilla o cravatta della squadra si. Il rebranding non è ripensare al logo della squadra ma all’intero impianto comunicativo e di design che possa aprire nuovi territori e attrarre nuova audience. Sai com’è va bene i tuoi tifosi ma a una certa moriranno e si porteranno nella tomba i loro tatuaggi con il vecchio crest fatti da giovani.
footbAll Nerds: In questo senso l’aspetto forse più interessante è la fake news circolata sul famigerato “cambio di nome”. È chiaro che l’FC Internazionale rimarrà tale, il discorso riguarda proprio, come dicevi, l’aprire nuovi territori, essere identificabile ovunque: è intuitivo che essere dappertutto e su qualsiasi piattaforma Inter Milano facilita questo compito e avvicina all’obiettivo dell’attuale azienda-Inter.
Domanda che si fanno molti, in primis sui giornali: è una cosa tipo quella che ha fatto la Juve?
BOB Liuzzo: La Juventus non ha fatto nulla di che, ha solo capito prima di altre che aveva un brand che poteva e doveva occupare e presidiare nuovi territori. Non partite da giocare ma un “lifestyle” da imporre. Non risultati su un solo campo ma su campi differenti.
Tutti si sono concentrati solo sul nuovo logo della Juve che può piacere o meno ma pochi hanno capito quanto l’universalità di quel simbolo possieda una flessibilità unica che permette di abbracciare prodotti, oggetti, culture differenti. Dalle auto alle tavole da skateboard. Una simbologia universale che slega dal passato per proiettarsi nel futuro.
In ogni caso la risposta alla domanda è “NO!”, non è una cosa tipo quella che ha fatto la Juve perché ognuno dovrebbe affrontare diversamente in base ai nuovi terreni di gioco che intende raggiungere. Ricordiamo che, per il caso “Inter”, l’aver lasciato, anzi amplificato, la parola “MILANO” nel nuovo posizionamento del brand la dice lunga su dove vogliano arrivare. Aumentare il legame territoriale con una città che, forse, non sentiva così legata. La Juve ha fatto l’opposto (e lo fa da sempre), ha sviluppato dei codici visivi che tengono in poco conto la provenienza territoriale ma che diventano di per sé territorio neutro, lo stadio si chiamava, prima di avere un ricco sponsor, “Juventus Stadium”. Non ha legami con Torino, non si parla di Juventus Torino, ma si parlerà di Inter Milano. Questo di per sé basta a dire che si tratta di due operazioni differenti e ben distinte. Non è perché un logo usa forme più moderne giustifica a dire “Ah come la Juve”. Altrimenti vedendo il lavoro della Juve dovremmo dire “Ah come la Nike”.
La base da cui partiva l’Inter (stemma storico del 1908 nella versione 2014) non era già sufficientemente “moderna”?
BOB Liuzzo: Che significa moderno? Non significa forse più vecchio del contemporaneo? Il crest INTER era un monogramma tipico di un calcio che non esiste più e che mal si sposa ad un mondo che non comunica più con grandi manifesti a time square ma su piccoli schermi e icone di smartphone. Inter non ha stravolto la simbologia ma l’ha focalizzata su ciò che davvero è importante che si sappia quando si parla del brand oggi: nome e provenienza. Da lì si costruirà il resto.
Parliamo di squadre che giocano, ma soprattutto di club che vogliono conquistare nuovi territori quindi la dicitura “FC” già di per sé chiude i confini e rimanda al solo calcio, quel campo troppo ristretto di cui ho parlato prima. Il precedente crest del 1908 o 2014 non funzionava più? No, non è quello il problema, ma non si presta ad essere fluido, flessibile, versatile. Tutte qualità che oggi ogni brand dovrebbe avere.
Un sito web devo poterlo usare bene da computer fisso e da smartphone altrimenti non svolgerebbe il suo lavoro di valicare confini e raggiungere tutti. Se nel 2000 ho fatto un sito web bellissimo per la mia azienda non importa: oggi va ritoccato altrimenti il mio browser non lo vedrà nemmeno.
footbAll Nerds: Siamo pienamente d’accordo. Il logo, poi, è davvero la punta dell’iceberg. Credo che la cosa più importante sia aver studiato una strategia coerente con questo cambiamento e – ancora di più – avere la capacità di spiegare e far assorbire quello che, non nascondiamolo, è un grande cambiamento, colori compresi, a quanto pare… Da questo punto di vista, fra fughe di notizie e stampa tradizionale, non siamo partiti proprio benissimo!
Nuovo logo Inter: i lavori proposti dal mondo web 👇
— rupertgraphic (@rupertalbe) January 20, 2021
Il nuovo crest è già filtrato su social e stampa mainstream. Che ne pensiamo? E dei lavori “amatoriali” sul web?
BOB Liuzzo: Se davvero sarà quello lo trovo una scelta intelligente. Ottimo sfruttamento di una grafica flessibile, che può essere riprodotta ma – soprattutto – perdere pezzi senza perdere riconoscibilità. Solo “IM” senza cerchio per la pubblicità e con il cerchio per il merchandising o utilizzi istituzionali. Onestamente, ciò che mi lascia stupito è come i lavori amatoriali ormai riescano a prevedere lo studio di agenzia sul design di un brand. Come accade non solo in questo caso, pensiamo ai rumors sui nuovi iPhone puntualmente azzeccati quando avviene la presentazione ufficiale.
Purtroppo questo accade in un mondo dove il marketing è stato messo davanti al design e non più a seguito per giudicarne l’efficacia. Si chiede alle persone cosa vogliano e si è smesso di rischiare e sperimentare, assumendosi la responsabilità di azioni creative radicali nell’identificare il futuro delle aziende. Quando si parla di “Flat Design” non bisogna pensare allo stile semplice tipo google, ai colori piatti e le forme semplici ma ad una società che è realmente diventata così piatta da riuscire ad indovinare come sarà un lavoro creativo solo perché frutto della loro stessa opinione in una banale ricerca di mercato.
Il problema è che non bisognerebbe dare alle persone ciò che vogliono ma anche ciò che non si aspettano ma, oggi, nell’epoca dell’indignazione a portata di click questo non è così facile. Sono poche le agenzie e i designer con spalle così larghe da poter affrontare le shitstorm che si scatenano per il nulla.
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