Ecco perché la maglia verde della Nazionale è una figata

Ecco perché la maglia verde della Nazionale è una figata

Sulle polemiche nate dopo la presentazione da parte di Puma della nuova maglia verde della Nazionale non ci vorremmo nemmeno dilungare. Facciamo nostre le parole di sfogo twittate dall’amico Rupertgraphic ieri, a caldo.

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Giù le mani dalle nostre maglie. E non tanto perché un kit non si possa criticare, ci mancherebbe altro.

Ecco perché la maglia verde della Nazionale è una figata

La cosa spiacevole è che le critiche, che sono partite – bene ricordarlo – dalla stampa generalista e sportiva, le accettiamo più volentieri se chi le fa dimostra almeno di aver fatto lo sforzo di capire ciò che si trova davanti.

Noi ci sforziamo di liquidare come manifestazione di folklore (pur sapendo che problemi più gravi ci siano sotto) i casi di coloro che sono riusciti sui social a parlare di vilipendio, tradimento delle radici, sostituzione etnica, islamismo e – alla fine – persino di poteri forti e Greta Thunberg.

Ragioniamo da Nerds e diciamolo chiaramente: grazie Puma, la nuova maglia verde della Nazionale è una figata!

E la figata principale è proprio che abbiano deciso di farla, di pensarci, di osare. Di usare un oggetto a noi tanto caro per comunicare una storia, un concetto, un sentimento.

Ragioniamo da operatori del settore e da collezionisti, ma siamo anche tifosi. Dopo anni di delusioni e di partite ai limiti della decenza, questa Italia è tornata a interessarci, a scuoterci dal torpore. E lo ha fatto attraverso l’inserimento metodico (quasi provocatorio in certi casi) di volti nuovi, di giovani calciatori che un giorno forse riusciranno a riportarci dove meritiamo.

L’omaggio alla loro freschezza, al loro desiderio di diventare i Gigi Riva o i Roby Baggio di domani è forse in questo momento la cosa più bella che potesse capitare al movimento.

Da appassionati di maglie il discorso si fa più ampio.

maglia verde della nazionale

Ecco perché la maglia verde della Nazionale è una figata

Il pattern Rinascimento è molto interessante, con i suoi riferimenti ai tessuti e agli abiti dell’epoca oltre che alla pittura. Forse poteva essere replicato anche sulla schiena per una migliore resa, però permette una caratterizzazione fortissima, uscendo finalmente dai binari dell’ovvio, cosa rara per le squadre nazionali.

Inoltre, non andando a sostituire le maglie home e away, di fatto è un di più. Cioè non qualcosa che sottrae e toglie spazio ma, anzi, aggiunge.

puma maglia rinascimento italia

Colori, innanzitutto, dato che questo particolare verde potrà anche essere riproposto ad abbinato (magari per dettagli e rifiniture) alle varie tonalità di azzurro e bianco che siamo abituati a vedere da decenni.

Inoltre, come si intuisce dalla linea lifestyle, c’è anche un rosso molto intenso nella tavolozza, il che fa pensare che un domani i colori “inusuali” per la nazionale potrebbero addirittura aumentare. Vedremo.

Trattandosi in fin dei conti dei colori della bandiera, diremmo che i “villipendisti” possono anche smettere di sentirsi minacciati dal un logo monocromatico.

Inoltre, non dimentichiamo che un riferimento così alto come l’arte rinascimentale poche squadre al mondo possono vantarlo; operazioni del genere, con un potenziale così elevato, non sono per tutti. Da questo punto di vista non ci sono Brasile o Argentina che tengano.

Ecco perché la maglia verde della Nazionale è una figata

Se proprio vogliamo trovare un difetto a questa operazione, secondo noi, si deve guardare a uno dei problemi che in questo momento storico affligge il mondo dei kit: quello del mood grafico delle presentazioni. Tutte troppo simili, tutte troppo uniformate.

Già eravamo scettici sugli shooting in fotocopia, buoni per tutte le latitudini, da Rio de Janeiro a San Pietroburgo; a maggior ragione in questo caso, in cui l’ispirazione era decisamente elevata, forse sarebbe stato più opportuno puntare su qualcosa di diverso.

Un concetto speciale e profondo come quello della maglia Rinascimento meritava probabilmente uno sforzo creativo differente. La strada da seguire per uscire dallo stereotipo del “barrio” e tornare a comunicare il calcio a 360° sarà forse più difficoltosa, ma può dare davvero un valore aggiunto ai progetti.

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