La nostra recensione delle Adidas Predator Edge+

La nostra recensione delle Adidas Predator Edge+

L’adidas Predator Edge è il modello di punta del brand tedesco per questo 2022. Da buoni Nerds abbiamo seguito tutta l’evoluzione delle più recenti scarpe da calcio adidas, con un occhio di riguardo per i modelli laceless e – ovviamente – molto affetto per Predator, un silo il cui nome non necessita altre presentazioni.

Questa è la nostra recensione delle adidas Predator Edge, che ci permette anche di fare una riflessione più profonda sulla direzione che stanno prendendo il settore e il marchio tedesco.

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La recensione delle adidas Predator Edge+

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La versione 2022 delle Predator si caratterizza per un cambio di direzione abbastanza netto rispetto al biennio precedente. Cambia la forma della nuova Predator, cambia l’impostazione delle parti in materiale gommoso (qui dette Zone Skin) applicate sulle zone più importanti della tomaia per migliorare controllo e tiro.

Dalle piccole “spyke” delle Predator Mutator e Freak si passa a degli inserti geometrici molto più evidenti (e invadenti) che ricoprono praticamente tutto l’avampiede, ispirati alle Lethal Zones del 2012.

Rivoluzionata anche la suola, Facet Frame, molto leggera e con una nuova tecnologia sull’avampiede per garantire al tempo stesso stabilità, trazione e un maggiore ritorno di potenza al momento del calcio.

Ridisegnato anche il collarino in Primeknit (non solo nella versione senza lacci), così come la silhouette complessiva dello scarpino.

adidas Predator Edge+: perché sì

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Fin qui i fatti, ma ora è il momento di proseguire con la nostra recensione adidas Predator Edge e dare anche qualche parere. Fra i punti forti della nuova Edge+ c’è senz’altro la calzata più regolare, senza grosse differenze fra parte posteriore, centrale e anteriore.

È uno scarpino che ospita anche le piante medio-larghe con facilità e (a differenza della precedente versione) ci ha dato una sensazione di feeling già dal primo utilizzo in allenamento.

Inoltre, il nuovo design del calzino in Primeknit rende davvero molto semplice inflilarle e sfilarle e “tiene” anche durante il gioco, senza che la stabilità in campo ne vada a risentire.

Una vera scarpa “Power”

Le vecchie categorie (Speed, Control, Power, etc.) in cui dividevamo le scarpe da calcio sono ormai preistoria, ma non possiamo negare che con queste Predator Edge+, adidas sia andata a ricollegarsi allo spirito originario con cui nacquero le Preds nel 1994, quando gli inserti in gomma sulla parte anteriore dovevano garantire il massimo della potenza.

Sintetizzando: calzata piuttosto naturale e comoda e addio a quei 3-4 allenamenti di “sofferenza” che abbiamo vissuto con le Freak+ e Freak.1; feeling con il pallone decisamente buono; stabilità sia su campi naturali asciutti che su sintetici di ultima generazione.

Un grande punto a favore, infine, è aver risolto (si spera definitivamente) le questioni di pressione sul tallone che avevano afflitto i modelli del 2018 e 2019.

adidas Predator Edge+: perché no?

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Sgombriamo il campo dagli equivoci: a noi la Edge+ è piaciuta e abbiamo continuato a usarla anche dopo il test. Ma portandola in campo e analizzandola a fondo, ci è venuta in mente anche qualche nota dolente.

La primissima si coglie anche a prima vista: rispetto alle versioni 2020 e 2021 la forma è più tozza e meno filante. È uno scarpino avvolgente e protettivo, ma un po’ meno sexy per chi bada anche a queste cose prima dell’acquisto.

Tomaia meno “malleabile” rispetto al 2021

Altra questione correlata: se parliamo di tomaia, con le Mutator e – soprattutto – con le Freak si era raggiunto probabilmente il giusto compromesso fra la tomaia Primeknit+sintetico e il giusto grado di consistenza (o morbidezza) della stessa. Uno scarpino moderno, dunque, che non faceva rimpiangere la cara vecchia pelle.

Invece il nuovo design della Predator Edge+, da questo punto di vista, sacrifica questa morbidezza, forse anche per via della nuova forma dell’avampiede (più spaziosa e “rialzata”) o forse per il maggior volume degli inserti in gomma nelle zone di contatto.

Niente di drammatico, ma a chi piace essere seguito fedelmente nei movimenti del piede o un feeling più immediato con il pallone, potrebbe dare qualche noia.

Infine – seguendo lo stesso filone logico – è innegabile che le nuove Zone Skin pur dando tanto in tema di controllo di palla e di risposta elastica al calcio, “allontanino” un po’ il piede dal pallone. Dopo anni di assottigliamento pressoché continuo delle tomaie, il piede di chi gioca regolarmente si è abituato a ben altri spessori e questo non può non essere un fattore.

Ovviamente tutto va inquadrato nella gamma completa che offre adidas Football ai suoi calciatori, dove sono disponibili anche la X Speedflow e la COPA Sense per chi cerca (rispettivamente) tomaie sottilissimi, oppure quel feeling familiare che può arrivare da uno scarpino in pelle.

Edge+, qualche conclusione

Recensione Adidas Predator Edge

Tirando le somme, con la Edge+ adidas ha messo sul mercato uno scarpino performante, che è forse il top del percorso laceless intrapreso con le Ace sei anni fa (ma ne parleremo fra poco) e che dà soprattutto una grande sensazione di potenza, controllo e stabilità in campo.

Abbiamo rimarcato le differenze con Predator Mutator e Freak, certo, ma il prodotto finale è comunque assolutamente all’altezza delle platee che calca dai primi mesi dell’anno (Serie A, Premier League, Champions ed Europa League, etc.) al netto delle opinioni personali.

Una piccola perplessità la riserviamo all’aspetto laceless: è stato il cavallo di battaglia di adidas Football, ma ci rendiamo conto di quanto le versioni senza lacci siano poco utilizzate fra i professionisti, spesso anche fra i testimonial stessi. È un peccato che ciò accada proprio mentre la tecnologia in sé tocca il suo apice, ma sarebbe un peccato anche continuare a spingere questo progresso tecnologico quando poi il campo (e i migliori calciatori) sembra vadano in un’altra direzione.

Infine, è impossibile non notare anche la direzione un po’ schizofrenica che ha assunto la storia di Predator nell’ultima decade, dalle LZ alle Instinct, passando per la scomparsa del silo e la sua “resurrezione”. Se fino al 2011 (Predator AdiPower) era abbastanza chiaro cosa ci si poteva e doveva aspettare dalle nuove Predator, tutti i lanci successivi ci raccontano un percorso tortuoso, fatto di grossi balzi in avanti, ma anche di dietrofront inaspettati.

Predator è una sorta di brand nel brand quando si parla di scarpe adidas, un po’ come dire Copa Mundial o Tango. Meriterebbe – per noi – una sua linearità e una continuità maggiore.