IED Milano e il rebranding della Virtus FC

Negli ultimi anni, nel mondo del calcio, si è raggiunta finalmente una certa consapevolezza dell’importanza della brand identity per le squadre. Se un tempo erano sufficienti colori, stemmi e maglie, ora a questi elementi cardine si sono affiancati ragionamenti più complessi e approfonditi, che – quando ben realizzati – consentono a club (e nazionali) di essere perfettamente calati nella realtà che li circonda e di vivere una “seconda vita” fuori dal campo.

Il mondo social, le operazioni commerciali, il merchandising, le collaborazioni, la trasformazione dei club in piattaforme di produzione di contenuti propri: sono solo alcune delle moderne e cruciali attività di un club calcistico. 

Calcio e rebranding: roba da ricchi?

Siamo portati a pensare che operazioni del genere siano riservate ai colossi del calcio, alle squadre con una storia lunga e considerevoli finanze alle spalle, ma non è così. 

Il 2020, per via della pandemia, ha costretto a ripensare al proprio presente e al futuro anche squadre piccole, dilettantistiche, giovanili e amatoriali. 

È qui che nasce il progetto speciale di IED – Istituto Europeo di Design di Milano, che ha scelto sei dei suoi migliori studenti di graphic design (Fabrizia de Meo, Juliana Ernst, Anan Sonn Kaaren, Alessandro Moscatelli, Noa Sempels e Samuel Zoia) per riprogettare e realizzare completamente l’identità visiva di una piccola squadra amatoriale di Milano, la Virtus FC.

Chi è la Virtus FC

La Virtus Football Club nasce, come spesso accade, quasi per gioco nel 2006 da un gruppo di studenti universitari, con l’unico obiettivo di stare assieme e divertirsi, sfruttando la passione per il calcio.

I valori fondanti sono quello dell’amicizia e dell’inclusione, che hanno fatto sì che in questi anni la squadra rossoblù unisse ai successi sul campo (nei campionati Uisp e Csi) un “trofeo” ancora più importante: diventare un approdo e un punto di riferimento per i centinaia di calciatori non-milanesi che hanno vestito i suoi colori.

Chiunque arrivasse a Milano – proveniente da qualsiasi parte del mondo – e desiderasse giocare a calcio, ha trovato una casa sotto le insegne del leone. 

La timeline dello stemma Virtus

IED Milano e il rebranding della Virtus FC

A causa della pandemia, come tutte le squadre, la Virtus nel 2020 si è dovuta fermare, senza sapere se e quando avrebbe potuto ricominciare. Lo stop si è trasformato così in un’occasione di riflessione sul futuro e ha fatto venire fuori la volontà forte del gruppo dirigente di “celebrare i primi 15 anni iniziando a costruire i prossimi 15”.

Grazie alla lungimiranza di uno sponsor importante come Grafica Republic e alla grande apertura dello IED Milano – oggi più che mai determinato a lavorare attivamente sul suo territorio e a farsi portatore del proprio messaggio su scala locale esattamente come fa, da anni, a livello globale – è nata così questa storica occasione.

Come funziona il progetto IED Milano rebranding Virtus?

Il progetto è partito nelle scorse settimane e prevede entro la fine di aprile un restyling totale dell’identità del piccolo club di Milano: crest, colori, maglie, elementi e linguaggi di comunicazioni online (social) e offline, oggetti e capi di merchandising. Proprio come i grandi, anzi meglio.

A guidare gli studenti sarà un nome noto del kit design italiano e internazionale, cioè il “nostro” Alberto Mariani (a.k.a. Rupertgraphic), che porterà sul campo la sua grande esperienza professionale e la sua smisurata passione per il calcio e i suoi linguaggi.

Nelle prossime settimane seguiremo, passo dopo passo, i lavori, cercando di osservare e raccontarvi da vicino come si fa il rebranding di una squadra di calcio.

STEP 1 – Il leone

Dopo aver ricevuto il brief e dopo un primo incontro di presentazione, i sei designer si sono concentrati sugli elementi da utilizzare per costruire la nuova identità Virtus. Uno su tutti, il leone.

L’animale è simbolo della squadra milanese sin dai primi anni, per via del richiamo ai valori di forza e nobiltà voluto dai fondatori. Ha assunto negli anni diverse forme, la sua presenza può essere data per scontata, ma le opzioni sono parecchie.

Sarà un leone intero o una testa di leone? Statico (come quelli utilizzati dal 2008 al 2020) o dinamico? Sarà un leone attinente alla tradizione calcistica (ad es. rampante) o qualcosa di più moderno, geometrico?

Non è solo una questione di stile grafico. Una volta avviato il processo, la necessità è quella di associare le scelte al contenuto, al messaggio che si vuole trasmettere. In questo caso l’elemento-leone ha il compito – non semplice a dirla tutta – di collegare passato e futuro, simboleggiare cioè la transizione dalla “vecchia Virtus” a quella di domani, chiamata a celebrare i suoi 15 anni di vita e a programmare una difficile ripartenza dopo la pandemia.

Una possibile via è stata individuata nella “geometrizzazione” del leone, un po’ come fatto di recente da Brandenburg con il crest dell’Islanda

“Si è arrivati poi a un secondo punto: come rafforzare e costruire l’identity di una piccola realtà che ha preso dalla tradizione calcistica e sportiva italiana nome e colori, condividendoli così con migliaia di società? È un ragionamento che dovrà essere tenuto presente da qui a fine lavoro, in ogni momento del processo. Una delle prime ipotesi messe sul tavolo dal team è quella di una “divisione dei pesi”, in cui il leone non sia lasciato solo ma sia affiancato da un altro elemento forte.

Oltre che lettera, la V nel calcio può essere anche un elemento grafico lasciato in background e usato per stemmi e divise.

La scelta potrebbe ricadere sull’iniziale del nome, la V, declinata come segno grafico o, in alternativa, come monogramma. L’aspetto interessante è che, nell’araldica calcistica, la V ha potenzialità di rilievo anche come decorazione o come elemento di divise e abbigliamento vario. Staremo a vedere che strada verrà intrapresa.

STEP 2 – Il pesce d’aprile

IED Milano e il rebranding della Virtus: il diario

STEP 3 – Forma e sostanza

Una volta messo un promemoria sul leone e sulla V, al team IED si è posta un’altra questione capitale: in che forma inserire questi elementi e quali altri aggiungere per definire la nuova identità della Virtus FC? 

Le forme tradizionali del calcio sono, bene o male, le stesse da oltre 150 anni e derivano in larga parte dall’araldica vera e propria. Ma non si tratta di elementi immutabili come la bandiera di uno Stato o lo stemma di una casata nobiliare. Le tendenze e il mondo esterno influenzano anche questo aspetto, come dimostra un po’ di storia dei kit inglesi, ad esempio.

Negli ultimi 60 anni si è spesso passati da stemmi tradizionali molto complessi a versioni semplificate (ritenute già negli anni ’70 più moderne), passando per l’era dei monogrammi, magari continuando il percorso – come accaduto al Manchester City (vedi sopra) – con una nuova araldica complessa, benché fittizia, e infine con un ritorno al passato e alla semplicità. 

Ma nel frattempo è già nata la nuova tendenza del terzo millennio, quella dello stemma-logo, stile Juventus: libero, senza nulla attorno, perfetto “per tutte le applicazioni in campo e fuori”. Almeno così dicono. 

Può sembrare un discorso complesso, ma è la chiave stessa del concetto di Football Identity: essere calati nella realtà circostante, rendersi riconoscibili e attraenti sforzandosi di restare coerenti con i propri valori e, ça va sans dire, la propria dimensione. 

In questo senso, a una piccola realtà come Virtus è necessaria un’identità calcistica forte, dato che di una squadra di calcio si tratta, con l’obiettivo dichiarato di affermarsi e svilupparsi come squadra e centro di aggregazione. I sei designer hanno dunque cercato di incasellare in diverse forme il leone e la V, cercando di trovare il modo giusto per:

Si è partiti da tutto l’immaginario classico del calcio, dai vari tipi di scudo al tondo, passando poi a forme geometriche meno inflazionate e più originali nel contesto sportivo come rettangolo, triangolo e losanga e sperimentando anche qualche disegno originale. 

Lo scudo tondo (che la Virtus ha usato dal 2017 a oggi) è stato considerato superato, anche a causa di un sovrautilizzo nel mondo del calcio professionistico negli ultimi 5 anni che avrebbe forse rischiato di “banalizzare” il lavoro del team. 

Alla fine di vari esperimenti due sono state le conclusioni: 

Un’intuizione nata sì dallo studio del brief iniziale, ma che forse non avrebbe avuto seguito senza questa sperimentazione. La forma diventa – dunque – sostanza.