Nike Hypervenom 2, il nostro test

Nike Hypervenom 2, il nostro test

È l’ultimo arrivo in casa Nike Football, la terza scarpa della casa americana dotata di Dynamic Fit Collar, quella – fra tutte – meno simile alla versione che l’ha preceduta. La Nike Hypervenom 2 è arrivata sul pianeta calcio nella tarda primavera del 2015, in tempo per le ultime partite della stagione e – soprattutto – per la finale di Champions League di Berlino. Dove ha segnato uno dei suoi primi gol (il primato assoluto è forse da attribuire a Lewandowski, nell’ultima gara casalinga di Bundesliga una decina di giorni prima) e dove media e blogger mondiali l’hanno potuta maneggiare per la prima volta, durante la due giorni #NikeBerlin.

Qui il link alle Hypervenom

All’epoca, nonostante la cornice stupenda dello stadio dell’Union Berlin, interamente dedicato al test delle nuove scarpe, non ci eravamo gustati appieno la nuova Nike Hypervenom 2 per due motivi. Il primo era un fastidioso infortunio al piede sinistro, trascinatosi poi fino all’estate; il secondo la cotta quasi adolescenziale che avevamo nei confronti della sorella maggiore, che avevamo più volte definito “il modello più sottovalutato e comodo” di Nike Football. A distanza di tre mesi circa, la distorsione è passata e – dopo aver messo nel carniere un po’ di km con le nostre Hypervenom II Phantom (nome completo della versione “alta”) – siamo pronti a un resoconto completo.

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La primissima sensazione avuta a Berlino è confermata dai fatti: le Nike Hypervenom 2 sono radicalmente (e volutamente) diverse dal modello precedente. Niente tomaia a nido d’ape, niente feeling immediato con il piede e – invece – Dynamic Fit Collar e tecnologia Nike FlyWire a caratterizzare l’esterno della scarpa. Tutti dati che non devono essere necessariamente letti in maniera negativa. Infatti dopo qualche giornata di utilizzo, anche la Nike Hypervenom 2 cede leggermente e inizia a prendere la forma del piede. Del resto, il FlyWire è stato mutuato dalle scarpe Nike di altre discipline proprio per questo: per offrire il migliore posizionamento del piede e fare in modo che l’efficacia del gesto fosse massima e non venisse meno a causa di movimenti non voluti. Se è vero che la prima versione di questa scarpa era leggera e comodissima, la Phantom è molto più avvolgente e dà – inoltre – una sensazione di solidità prima sconosciuta.

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A ciò si deve aggiungere che la nuova tomaia è meno soggetta all’usura, e non teme più di tanto né le tacchettate altrui né l’abrasione naturale dei campi in erba sintetica; la Hypervenom II è naturalmente destinata a una “vita” più lunga, fattore che oltretutto ha il vantaggio di ammortizzare meglio il costo. Se esternamente è uno scarpino più rigido del suo predecessore, a livello di suola la Nike ha mantenuto l’impostazione della prima versione, lavorando però su un assottigliamento degli spessori. Questo ha ridotto in maniera ulteriore il pericolo di “durezza” lamentato da qualche utente sul modello precedente. 

Capitolo Dynamic Collar: se non siete dei fan, potete fare come Wayne Rooney e optare per il modello “basso” (Nike Hypervenom II Phinish), oppure virare su altri silo di casa Nike. Ma la cosa che ci ha colpito è che il “collarino” della Hypervenom II è il più comodo sulla piazza. Nike, in pratica, ha migliorato il comfort di questa parte rispetto alle già valide Magista Obra e Mercurial Superfly. Non avrà la leggerezza assoluta delle Superfly o la tomaia rivoluzionaria delle Magista, ma vi assicuriamo che la comodità di calzata (con calzettone da calcio e tutto) è vicina ai massimi voti.

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Lo diciamo ancora una volta, a scanso di equivoci: la Hypervenom II è diversa dalla I perché la differenza è concettuale. Nonostante ciò, e nonostante il diverso materiale della tomaia e il differente disegno, il rapporto con il pallone non risulta compromesso. Bene nel controllo, benissimo nello stretto, soddisfacente al momento del calcio, dove la “rigidità” cui accennavamo sopra diventa una qualità. Se gli amanti delle superleggere non saranno persuasi (in fondo persino Neymar nelle ultime gare ha optato per delle Mercurial Vapor), grazie alle sue caratteristiche la Nike Hypervenom 2 potrà addirittura allargare il suo campo d’azione. Non è più solo un attrezzo del mestiere per attaccanti o esterni dal dribbling mortifero, ma può risultare efficacissima anche ai piedi di chi galleggia fra centrocampo e attacco o – volendo – si muove addirittura qualche metro più dietro.

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Infine, dato che anche l’occhio vuole la sua parte, qualche parola sulle colorazioni disponibili. La prima, la stessa che abbiamo testato resta probabilmente una delle migliori, con il giusto compromesso fra il grigio-base del Silver Storm Pack e l’arancio vivo della particolare decorazione, estesa oltretutto anche alla suola. Agli amanti del fluo non dispiacerà l’arancio vivo del Lightning Storm, mentre ci riserviamo di valutare sul campo l’impatto del viola vivo scelto per l’Electro Flare Pack che ha esordito questo fine settimana. Non ci sono tante parole – invece – per descrivere la bellezza della versione Academy Pack, la versione total black dei quattro silo Nike, rilasciata per la prima volta in aprile e aggiornata dopo l’estate proprio con l’aggiunta delle Hypervenom II. Da urlo, semplicemente.
[Tester: @orangeket]



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