Palloni e Mondiali, 5 partite indimenticabili

Palloni e Mondiali, 5 partite indimenticabili

In occasione della presentazione di Telstar 18, il pallone di Russia 2018, vi riproponiamo questo articolo sui palloni dei Mondiali di calcio, firmato da footbAll Nerds per GQ Italia nel giugno 2014.

Quella del palloni mondiali è una storia che inizia lontano, in Uruguay nel 1930 e che è andata avanti per quasi 90 anni, fra evoluzione tecnica e partite diventate ormai epiche. Abbiamo scelto cinque palloni del passato per raccontarvi altrettanti momenti mondiali, cinque partite memorabili da Inghilterra ’66 a Germania 2006.

Palloni mondiali: Inghilterra-Germania Ovest 4-2 d.t.s. (1966)

 

Il pallone è uno Slazenger Challenge 4-star, 25 pannelli cuciti a mano, più sferico di quelli delle edizioni precedenti e con una valvola più piccola. Il marchio è ben noto anche oggi, ma fra gli appassionati di tennis e cricket. A Wimbledon, per dirne una, è fornitore ufficiale di palline dal 1902. La palla rosso mattone (in molte partite ne fu usata una bianca, sempre priva di scritte e loghi) sembra ben visibile, ma non aiuta nel drammatico epilogo della finalissima tra Inghilterra e Germania Ovest. Al 90′ infatti è 2-2 e si va ai supplementari; al 101′, il centravanti inglese Geoff Hurst riceve dalla destra e calcia potente, centrando la traversa.

La palla rimbalza sulla riga ma dopo un attimo di incertezza l’implacabile segnalinee sovietico Bakhramov convince lo svizzero Dienst a convalidare. È 3-2 per l’Inghilterra e nasce ufficialmente il gol fantasma. La Germania Ovest si scopre per cercare il pareggio e, al 120′, incassa anche il terzo gol personale di Hurst, finora l’unico ad aver segnato una tripletta in finale.

Da tradizione britannica, la palla andrebbe regalata a lui ma il tedesco Haller è più lesto e la mette sottobraccio. Lo Slazenger Challenge 4-star della finale torna nel Regno Unito solo 30 anni dopo ed è ora esposto a Manchester, nel National Football Museum.

Palloni mondiali: Italia-Germania Ovest 4-3 d.t.s. (1970)

 

L’Adidas Telstar è di cuoio; è il primo pallone “mondiale” prodotto dalla casa tedesca, che da lì in poi firmerà tutti i palloni del campionato del mondo ed è anche uno dei primi a 32 pannelli, con i classici 12 pentagoni neri e i 20 esagoni bianchi (ma ne fu usata anche una versione all-white in alcune partite). Le cuciture sono disposte in maniera tale da assicurare la maggiore sfericità possibile, il disegno è stato scelto per una migliore visibilità tv.

Messico ‘70 è il primo mondiale trasmesso in diretta via satellite e la televisione (all’epoca in bianco e nero) inizia a dettare le sue regole. Il Telstar non a caso porta lo stesso nome del principale satellite per le telecomunicazioni. La partita scelta non può che essere Italia-Germania Ovest 4-3. Di lei sappiamo praticamente tutto, è finita in film, pieces teatrali, romanzi, canzoni e saggi. Era e rimane la nostra “partita del secolo” e lo sarebbe anche senza quella targa appesa fuori dall’Azteca.

Certo, a rivederla tanti anni dopo, nonostante l’alone di leggenda, ci si rende conto subito che è un altro calcio: altri ritmi, altra gestione (fisica e tattica) della partita. Ai supplementari fra prodezze ed errori da campionato amatoriale, se ne vedono di tutti i colori: dalla rincorsa di Poletti sull’1-2 alla goffa respinta di Held per il 2-2 di Burgnich, al mancato intervento di Rivera sul gol del 3-3. Ma quando Albertosi raccoglie il Telstar dal fondo della rete e l’Italia lo riporta a metà campo il destino sta per compiersi.

Poco più di un minuto dopo Italia-Germania Ovest esce dalla storia del calcio ed entra nella leggenda grazie al piatto dello stesso Rivera, che spiazza Sepp Maier: 4-3, per gli azzurri è finale. Il Telstar (nella versione aggiornata Durlast) sarà utilizzato anche durante Germania nel ’74 prima di cedere il passo (Argentina ’78) a un’altra icona globale: il Tango.

Palloni mondiali: Argentina-Inghilterra 2-1 (1986)

 

L’Adidas Azteca rappresenta un passo storico nella storia dei palloni mundial, non solo perché potrebbe essere a ragione ricordato come “il pallone di Maradona”. Per la prima volta infatti lo strumento di gioco è completamente sintetico: Adidas manda in pensione il cuoio per lasciare spazio a nuovi materiali (il poliuretano dello strato esterno su tutti, ma anche i tre inferiori con struttura Adicron) in grado di risolvere i problemi di usura e assorbimento dell’acqua che avevano afflitto i predecessori.

Più leggero, è in grado sostanzialmente di assicurare le stesse performances a qualsiasi altitudine (non dimentichiamoci che siamo in Messico) e in qualsiasi condizione climatica. Il disegno è lo stesso del Tango, con i 20 pannelli con le “triadi” che creano l’effetto ottico di 12 cerchi identici. La grafica dell’Azteca rimanda a motivi grafici ispirati alla storia della grande civiltà precolombiana, disegnati da Rebecca Martinez.

Pochi dubbi, anche qui, nella scelta della partita. Argentina-Inghilterra, quarti di finale, è Diego Armando Maradona all’ennesima potenza. Dalla ruffianata del gol di mano con annessa esultanza, a quegli 11 secondi di pura poesia del 2-0. Quando si mette alle spalle cinque avversari e 60 metri abbondanti di prato con un’eleganza e una rapidità impossibili da riprodurre, prima di infilare alle spalle di Shilton quello che la FIFA nel 2002 ha incoronato (giustamente) come “gol del secolo”. Dopo il 22 giugno 1986 nulla tornerà come prima. Nemmeno i palloni, che non saranno mai più realizzati con materiali naturali.

Palloni mondiali: Brasile-Olanda 3-2 (1994)

 

Altro mondiale, altra innovazione. Il Questra, il pallone del 1994, è il primo progettato con uno strato di schiuma di polietilene che garantisce un ritorno in termini di energia. Consolidati i progressi in termini di sfericità, resistenza e impermeabilità, Adidas si concentra maggiormente sulla prestazione. Il Questra è più morbido al tocco, il che garantisce un miglior controllo, e molto più veloce al calcio. Basti pensare alla rete di Dino Baggio contro la Spagna o a quelle di Hagi e Stoichkov contro Colombia e Messico.

Ma la partita più divertente di quel mondiale, assieme a Romania-Argentina e Bulgaria-Germania, è il quarto di finale di Dallas fra Brasile e Olanda. La Seleçao di Parreira è forse la meno spettacolare di tutti i tempi, ma davanti a Dunga e Mauro Silva ha un attacco letale. Il secondo tempo della partita è adrenalina pura: Brasile in vantaggio con un tocco assassino in velocità di Romario; 10’ dopo Bebeto dribbla anche il portiere prima di celebrare la nascita del figlio con un’esultanza ormai storica. Sembra fatta, ma l’Olanda è tanto sventata in difesa quanto pericolosa in attacco.

Un minuto dopo il 2-0 Bergkamp accorcia, anticipando Marcio Santos e Taffarel; al 76’ Winter irrompe di testa su un corner e pareggia. Fa un caldo boia, la gara scivola verso i supplementari e solo una situazione da calcio piazzato può dare la svolta. E così il terzino Claudio Branco (ex Genoa, titolare per la squalifica di Leonardo) inizia a scaldare il sinistro. Alla prima botta da oltre 30 metri de Goeij smanaccia in angolo, ma sulla seconda, micidiale, punizione non può nulla. Il Brasile è in semifinale, la fatale (per noi) Pasadena si avvicina.

Palloni mondiali: Italia-Germania 2-0 d.t.s. (2006)

 

I nostri nonni avevano Nicolò Carosio, i nostri padri Nando Martellini. E noi? Be’, noi abbiamo Caressa e Bergomi, coppia legata all’indimenticabile Germania  2006. Sono i primi mondiali della tv satellitare e i due accompagnano gli azzurri sul tetto del mondo, dall’esordio con il Ghana ai rigori contro la Francia. L’apice, manco a dirlo, nella serata di Dortmund, quando nei supplementari della semifinale Grosso e Del Piero ci mandano in paradiso contro la Germania. “Andiamo a Berlino, Beppe!”.

Il pallone dell’impresa e l’Adidas Teamgeist (che poi sarebbe +Teamgeist per ragioni di marchio), dotato di una rivoluzionaria struttura a 14 pannelli ricurvi, termosaldati e non cuciti per una forma più regolare e completamente priva di imperfezioni. Elegantissimo nei suoi tre colori bianco, nero e oro, il Teamgeist proseguiva la linea di palloni ad elevate prestazioni inaugurata nel 1998 da Adidas con l’introduzione della schiuma sintattica sul Tricolore, strumenti volti a valorizzare la potenza e l’imprevedibilità del tiro, come dimostrano queste reti di Frings, Maxi Rodriguez e Joe Cole.

Contestato da qualche portiere (ma è ciclico, rassegniamoci) per noi resterà per sempre il pallone che ha reso “più bello essere italiani”.



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